Cibo in prospettiva!
Tra le tante prospettive possibili in cui è possibile "osservare" il concetto di cibo c'è quella offerta dal mondo della cultura.
Diamo una sbirciata a come nel corso dei secoli il cibo viene rappresentato attraverso il buco della serratura dell'arte sia essa pittura, scultura, teatro o letteratura. Scopriamo il fitto legame con i diversi "il modi di vivere" e di "intendere la vita".
I capolavori che rappresentano il cibo nelle diverse forme e significati.
Il cibo rappresenta prima di tutto cultura, vita e società
Mangiatori di patate, Van Gogh |
Scorcio di vita contadina
L’ultima cena, Salvador Dalì |
L'intera scena è inscritto in un dodecaedro, geometria platonica, richiamo alla perfezione e all’equilibrio. L’ultima cena di Salvador Dalì del 1955 è un’opera densa di significati filosofici e metafisici, in cui è inserito anche un elemento provocatorio considerato blasfemo, nella rappresentazione del Cristo con il volto di Gala, moglie del pittore. Sulla rustica tavola, solo parzialmente coperta da una tovaglia bianca con i segni di piegatura, vi è un pane spezzato in due e un bicchiere di vino che proietta un lungo e luminoso riflesso sulla tovaglia. Cristo è avvolto in una luce intensa che proviene dal bellissimo paesaggio di Lligat; gli apostoli sono immersi nella preghiera, non riconoscibili.
Il cibo come inno alla vita!
I suoi frutti colorati e succosi, spesso aperti e offerti allo spettatore, sono vivi almeno quanto lei, trasmettono energia pura e sofferenza perenne. Sì, anche sofferenza, in quanto il frutto aperto è tagliato, come il suo povero corpo martoriato. Nelle sue opere è onnipresente questa dualità tra l’energia vitale e il dolore, l’amore e la sofferenza. Significativa una delle tante nature “morte” di Frida, “Natura viva”, in cui le radici dei frutti formano la scritta “naturalezza viva”.
Il cibo come cultura di massa
Il Consiglio d’Egitto di Leonardo Sciascia (il cibo come cultura) - Palermo
Romanzo storico ambientato nella Palermo del ‘700, in pieno illuminismo, ovvero quando è viva la speranza di rivoluzionare l’immobilismo e il parassitismo che contraddistingue la società siciliana.
Fa riferimento alla Sulla, oggi una coltura foraggera quasi dimenticata, le cui infiorescenze sono di un colore rosso vellutato; al grano della varietà Maiorchino, ideale per le ostie; alla Tuminìa (o Tumminìa): una rara varietà di grano, a ciclo vegetativo breve; la Tuminìa ha la cariosside scura e dà origine ad un pane nero, quello che oggi è il Pane di Castelvetrano.
Nello stesso libro si parla di altre due specialità: il biancomangiare, un budino al latte di mandorle, e i biscotti al sesamo.
E già che ci siamo, vi lascio anche la ricetta:
La ricetta originaria del biancomangiare contempla mandorle sbucciate e tritate finemente coperte da una stoffa di lino e immerse per circa due ore in acqua fredda (1 litro d’acqua per 300 grammi di mandorle). L’involto si preme per fare fuoriuscire lentamente la parte oleosa delle mandorle. Nel liquido ottenuto si fa sciogliere lo zucchero e l’amido, per poi aggiungere cannella e scorza di limone. Si fa bollire lentamente, fino ad ottenimento di una crema densa. Poi si versa tutto in uno stampo e si lascia raffreddare.
Ingredienti
- 1000 g Farina di grano duro
- Zucchero 300 g
- Strutto 200 g
- Uova 4
- Ammoniaca 10 g
- 1 bustina di lievito
- 1 bustina di vaniglia
- Latte
- Semi di sesamo
Procedimento
Mescolare la farina con lo zucchero, il lievito e la vaniglia. Sbattere le uova e unirle allo strutto sciolto. Separatamente, in un tegame sul fuoco basso mettere poco latte con l’ammoniaca e farla sciogliere evitando la formazione di grumi. Aggiungere il composto ottenuto all’impasto. Impastate di nuovo, unendo il latte necessario in modo da avere una pasta morbida.Dare ai pezzetti di pasta la forma di bastoncino, quindi tagliare in modo da ottenere dei biscotti della grandezza di un dito. Appiattite i biscotti. Passateli nei semi di sesamo. Metterli in una teglia e far cuocere al forno, a 180°C per circa 15 minuti.
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